Everybody’s tournament. Luogo ultracomune: Wimbledon è il torneo più storico dei 4 GS (= Grand Slams); è anche il più appassionante e – questo è meno comune – il più sadico. Il centrale è una bombonera, detto alla spagnola, e il pubblico può dialogare e interagire senza microfono coi giocatori, le distanze sono ridotte e tutto è più casalingo e familiare: cosy, tanto per non strafare. A Parigi è tutto invece più grand, ma anche più freddo, irrigidito e formale. Le stesse spettatrici sono spesso vestite a Wimbledon come pittoresche massaie, e puoi trovare il tipo dandy con la giacca rosa, ma anche quello coi calzoni corti e le ciabatte, in prima fila. Non sapevo che la fidanzata di Murray assomigliasse come una goccia d’acqua a Keira Knightley. Sadico il torneo? Sì, perché vuol vedere crollare i giocatori come Gesù Cristo alle fine della via Crucis. Venerdì Del Potro, che a Gesù un po’ assomiglia, se giocava altri due minuti avrebbe necessitato dell’intervento immediato dell’ambulanza per passare in sala rianimazione; e anche Djokovic non ne aveva quasi più benché sia un diesel. Al maschile la finale è stata opinabile, non totalmente campata per aria, ma le semi un po’ sì per il dark horse Janowicz. Costui è tipologicamente della classe dei bombardieri in libera uscita, quella razza che qui a Wimbledon fa strada, come si vede da qualche anno ed è ormai statistico, e che terremota il torneo: lo si dice ricordare Sampras, ma è un marchiano errore, una sciocchezza da incompetenti, perché Janowicz non ha nulla di quel dio greco. È una anzi fotocopia di Rosol, di Stakhovsky e di altri ancora che fanno risultato a ogni morte di papa. A me non dispiace in verità, e credo abbia un po’ di futuro questo Janowicz, ma venerdì ha giocato da imberbe, e una partita scriteriata, o forse era dopo 15 giorni un po’ svuotato; soprattutto il gran servitore lo ha fatto Murray, con il polacco che ha messo pochissimi aces anche perché, è matematico, ha avuto percentuali disastrose di prime. I ruoli si sono cioè invertiti, e Murray ha fatto il bombardiere e Janowicz non ha praticamente più risposto dal 4-2 per lui al terzo, e da quel momento è andato in bambola e ha smesso di giocare. Murray era impallidito a quel punto dell’incontro, e l’Inghilterra tennistica per un attimo è stata sull’orlo del disastro nazionale. Al femminile la mia titolazione (cara agli americani quando un torneo è incerto) tiene: chi avrebbe scommesso su una finale del genere, tra due giocatrici assolutamente non pronosticate, laddove Serena e la Sharapova sembravano di un altro pianeta? Epperò nei tornei di qualsiasi sport è arcinoto che ci vuole una buona dose di… quella cosa che faccio indovinare ma non dico per rispetto. E pensare che la Bartoli ha rischiato di perdere con la Giorgi, ed era passato inosservato. Bartoli è il cognome di un mio parente, e i Bartoli sono una “popolazione” in Toscana; ergo sono sicuro che gli antenati còrsi di Marion sono originari di qua dove abito (Toscana e Liguria, come Napoleone); ma rimane una giocatrice che non amo e da non consigliare come pubblicità di questo sport: troppi vezzi, troppe moine, troppi eccessi di recitazione, e troppa ciccia addosso…
Italiani e italiane. Dei maschi meglio tacere, non abbiamo giocatori competitivi ai livelli alti, sebbene Seppi una certa, piccola predisposizione per l’erba ce l’abbia; però quest’anno ha cominciato in modo più opaco, cioè sotto tono, e speriamo gli passi. Un punto in più in pagella se lo merita ex post, avendo ceduto a chi ha fatto quasi fuori Djokovic. Sulle femmine ho gia scritto un sacco di volte, e un sacco di idee e di supposizioni. Vinci è forse stremata quando arriva a giocare parecchie partite di seguito; e Errani ha fatto la fine di molte altre quotate, ma ben prima di loro. Sul doppio Vinci-Errani ho già detto, chiaro e tondo, che rimango perplesso. Tra l’altro a Wimbledon sono emerse definitivamente due coppie nuove che minacciano il loro trono: le due asiatiche già vincitrici a Roma e le due australiane, coppia ben assortita di una solida veterana e di una delle migliori 96 del mondo. Comunque è come sempre una questione di superficie, ma fino a un certo punto.
Quinzi. Voglio solo ricordare che altre Federazioni curano meglio i propri pupilli: Kyle Edmund ha avuto wild cards a Eastbourne e a Wimbledon, e nel primo torneo ha “rischiato” di battere Simon. A Roma auspicavo che a Quinzi si desse una wc alle quali o al main draw. Se non la prende ai tornei italiani, altrove la wc Quinzi se la sogna (magari da oggi un po’ meno). Ho visto di lui solo quasi tutto il match contro Milojevic oltre alle finale, notando che tutti questi babies giocano troppo sull’uno-due e dovrebbero imparare dai senior, che palleggiano molto di più e alzano ogni tanto le traiettorie. Per ora Quinzi sa fare solo una cosa, picchiare: urge la palla di attesa, la discesa a rete, la smorzata quando l’avversario è ormai fuori campo; e su questi campi un rovescio in risposta più decente (vedansi le statistiche, e giustamente Chung sul pari gli tirava sempre sul rovescio). Intervistato dalla Paoletti, Quinzi dà l’idea del naïf; tra l’altro è stato talmente tanto all’estero che fa notevole fatica con la grammatica e persino il lessico italiano (imbucare? imbroccare? imboccare? imbeccare?). Postilla: Trevisani e la Reggi non sapevano decidersi se Quinzi doveva giocare sul diritto o sul rovescio dell’avversario in quanto colpo peggiore (sono due signori colpi entrambi). Né hanno saputo indovinare che quella signora in fucsia che si faceva prendere dal delirio a fine partita era probabilmente la Sig.ra Infantino.
Le under 18. L’adagio che vado ripetendo è che siamo più forti, nel giovanile, con i maschi. Grandi delusioni da parte di tutte le nostre punte di diamante, ormai punte di ferro o di latta. Solo Matteucci ha fatto il suo dovere. Non è beninteso né lunga né larga, ma considerato il congenito, italico ritardo fisico-tennistico-mentale la Matteucci lavorando sodo può colmare il gap attuale con qualcuna delle migliori della sua generazione, anno più anno meno. A patto però che trovi un’arma o una chiave competitiva del suo gioco (come la Errani con le rotazioni esaperate e la smorzata improvvisa, o la Vinci col back di rovescio). Come taglia non è diversa appunto da Schiavone, Errani e Vinci, ma se fotocopia il gioco delle altre rivali fa poca strada. Ha un tennis molto educato, ma appunto un po’ anonimo. Ma non mi stupirei se tra quattro o cinque anni, finito il ciclo di Vinci ed Errani, la Matteucci potesse entrare nelle top 100, come Santa Maria Elena Camerin da cui non è dissimile. I mezzi non sono eccelsi. Qualcuno mi sa dire come mai Sara Sorribes Tormo non ha fatto questo torneo dove avrebbe dato sicuramente del filo da torcere alle migliori?