Le statistiche parlano da sempre chiaro: sull’erba di Wimbledon il miglior risultato storico mai ottenuto dai nostri è una semifinale da parte del nostro Pietrangeli, il più grande singolarista italiano di sempre, laddove sulla terra parigina abbiamo centrato la vittoria per quattro volte con il contorno di varie finali, semifinali, quarti ecc. Si ricorderà che sino a quattro-cinque anni fa, o forse di più, era una specie di attesa barzelletta il fatto che, ammessi al primo turno tot giocatori, al mercoledì della prima settimana, con una specie di Caporetto, ve ne fosse uno o anche nessuno superstite. Dunque il nostro potenziale (di nazione che ora come ora non ha top 10 al maschile, e una sola al femminile) si riduce a Wimbledon del 30-40 % e oltre. E su quattro maschi uno va al secondo turno, quattro su sette al femminile ma perdendo Errani e Schiavone. Riguardo a queste sorprese o delusioni, includendo Fognini steso da quella vecchia volpe di Melzer, bisogna dire che Wimbledon, altra considerazione lapalissiana, pone non pochi problemi di adattamento alla superficie. C’è chi si adatta bene e subito e chi no (anzi forse mai). C’è chi riduce il suo potenziale di parecchio e chi invece lo valorizza e aumenta; e ci sono infine giocatori a cui l’erba o il cemento non fanno un baffo, cioè universali. Nadal ha vinto a Wimbledon, ma da due o tre anni sa che questo non è il suo torneo. Credo ci sia venuto di mala voglia, forse anche ben “unto” e per dovere pubblicitario. E non lo è della Errani. Mi soffermo su tre casi.
Errani. Ha lamentato problemi muscolari la settimana scorsa, e nell’intervista dopo la sconfitta ha detto che ha paura di scivolare e che si muove male sull’erba; che deve fare più atletica; e che resta comunque al torneo per giocare e andare avanti in doppio. Da buon profeta (ma anche questa volta puntualmente ci ho preso), mi stupivo che non avesse fatto tornei preparatori sull’erba, e sospettavo che l’approccio a Wimbledon non sarebbe stato facile. Mi rifugio nell’eventuale bioritmo negativo: anche l’anno scorso il mese di luglio con la prima metà di agosto fu fallimentare sull’erba per Sara (Wimbledon più Olimpiadi), con disfatte fra le più mortificanti della sua carriera. Vedendo il risvolto della medaglia: Sara, che fa sempre una fatica sovrumana nel portare a casa i match, a ben guardare ha sofferto assai nei tornei recenti in cui è andata avanti: diciamo pure che ha vinto certi incontri dei primi turni per il rotto della cuffia e quasi già persi: Cirstea a Madrid, McHale a Roma, soprattutto Navarro a Parigi (il più fortunato). Al di là dell’atletica Sara non possiede uno spiccato gioco da erba o ad essa adattabile: lì il top e il lift non hanno presa, ci vogliono lo slice e il back che non si alza. Sara non ha inoltre e mai l’avrà un fondamentale da erba che oggi tutte hanno: prima di servizio potente e piazzata, più seconda robusta e poco attaccabile. Il tennis che si vede da quelle che vincono, anzi giocano, fila a una velocità che è di 20/30 km superiore a quella di Sara, qui a Wimbledon.
Schiavone. Vale in certo senso quello che ho detto sin qui su Sara. Non si crederebbe al calendario che Francesca vinceva a Parigi e riandava in finale non dieci anni fa, ma tre. Non è tanto che lei è calata, benché lo è per ragioni anche fatalmente anagrafiche, ma che in questi tre anni il tennis femminile si è letteralmente rivoluzionato, e come dire mascolinizzato: la statura media delle giocatrici è di 1.80, tutte hanno spalle larghe e sode che denotano intensa attività di palestra; e la pesantezza della palla è aumentata vertiginosamente. La media della velocità del servizio è salita anch’essa, certe sfiorano i 200km, e non è raro che come per i maschi si debbano alla fine di un match contare gli aces.
Santa Maria Elena. Dico Camerin: un giorno da leonessa, e brava! Non è poco arrivare al 4 pari al terzo con una mastina come la Cibulkova, e farle un break sui denti sul 5/3 annullandole due match points. Seconda giovinezza?
I giovani. A Roehampton, dove si erano giocate le quali di Wimbledon (come sempre, per non massacrare i campi), si svolge ora una specie di anteprima del giovanile Grand Slam della prossima settimana: un Queen’s per i babies. In pillole: torneo probantissimo perché i big e le big ci sono in massa. Per quel che ci riguarda registro un torneone di Napolitano, che batte Milojevic (top 3 di categoria!!!) e poi Hoyt prima di soccombere dalla tds n. 15 in tre dignitosi set. Sulla buona strada? Quinzi è in corsa, ma Baldi non risorge e continua a deludere. Nel femminile piccolo scatto di orgoglio di Pairone contro una giocatrice non facile; poi solito match incolore, a giudicare dal punteggio, contro un’altra un po’ quotata ma non fra le primissime della categoria. Come sempre i maschi meglio, molto meglio delle femmine.