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Quello che (non) ho

by Franco Marucci

No, non crediate che voglia parlare del controverso programma di Fazio e Saviano, francamente ne sono poco interessato.  Questo è un articolo che appartiene al mio compartimento tennis, e “quello che non ho”, che non abbiamo noi italiani, sono un giocatore e una giocatrice capaci di competere con i top 10 o anche 15 nei tornei del Grande slam. Potrei anche intitolare questo pezzo “I miracoli non accadono più”, o come diceva un mio sapido amico toscano, “nel tennis un s’inventa nulla” .  Il tema di riferimento è il sogno infranto di avere un giocatore o una giocatrice nei primi quattro, o due, o anche vincitore e vincitrice nel Torneo romano. Dunque, con gli italiani tutti fuori, se ne può scrivere oggi senza aspettare  semifinali e finali. Io puntavo molto su Errani, ben conscio che Schiavone è o in un momento no o in fase irrimediabilmente declinante, e che Pennetta usciva da infortuni e prestazioni un po’ grigie. Knapp ha reso meno del previsto, ma ben venga. Errani è stata messa in soggezione da una giocatrice alla sua portata, e poteva e doveva spuntarla: deve acquisire coscienza dei propri mezzi, imporre il proprio valore, altrimenti continuerà a far bene solo nei tornei minori. Pennetta ha infiammato il Pietrangeli per tre giorni, ma non va dimenticato che ha vinto contro giocatrici che giocavano piano, o fantasma (la Cetkovska irriconoscibile). Quel palleggio tocchettato della Pennetta, corretto e sostenuto ma senza rischi, con le prime quindici non funziona, ti spazzano via.  Nel maschile Seppi ha lui pure infiammato vincendo due match con il cuore, ma il prezzo di due maratone lo ha poi pagato salato, schiantato da Federer. Questo passa il convento attualmente, con Fognini eternamente inaffidabile. Comunque Seppi, che a 28 anni raggiunge il suo best ranking, docet: gli italiani sono dei diesel.

La settimana che si chiude è stata piuttosto negativa se si dà un prammatico sguardo a cosa è accaduto nel giovanile. Direi proprio anzi un fallimento, un disastro: a Santa Croce italiani decimati sin dai primi turni, e con punteggi severi, pesanti, inappellabili. Due osservazioni: si veniva da un trittico di tornei consecutivi, Firenze, Salsomaggiore e Prato, e molti hanno accusato la fatica, soprattutto psicologica; altri e altre hanno addirittura dato forfait. Urge fare una buona, oculata  programmazione, forse ai 16-17 anni non si regge ancora un ritmo del genere (Perinti si è squagliato, Licciardi pure). Di sbagliata programmazione si può morire, vedi il caso di Claudia Coppola, Martina Parmigiani e anche, a livelli più alti, Camila Giorgi: entrare subito nel circuito senior a 15-16 anni è un rischio pazzesco, perché se non ingrani rischi di piantarti e di dover ricominciare da zero, cioè dall’Itf junior, ma a 18 anni compiuti. A Santa Croce non hanno reso nemmeno alcuni giovani 96 e 97 che avevano fatto bene:  Stefanini lotta alla morte ma perde, Mosciatti è ancora troppo mingherlino, e Capecchi ha perso in due set da un inglese con cui aveva vinto una settimana prima in altrettanti facili set. Direi soprattutto che Filippo Baldi, folgorante l’anno scorso, sembra essersi fermato: gioca più piano, fa poca strada, perde con frequenza assai preoccupante.

Comunque inizia oggi il Bonfiglio: non voglio fare l’uccello del malaugurio, ma se tanto mi dà tanto le prospettive non sono buone. Caliamo sul piatto Napolitano (male a Salsomaggiore, ha saltato Firenze, Prato e Santa Croce) e soprattutto l’asso Gianluigi Quinzi. Parliamoci chiaro: ogni risultato diverso dalla vittoria del Torneo è da ritenersi deludente, se è vero che Quinzi da qualche tempo batte i giocatori fino al n. 600 ATP e fa partita con quelli fino al n. 300. Nel femminile non c’è oggettivamente una giocatrice che può andare lontano, salvo magie del sorteggio.

La situazione del tennis italiano junior  mi sembra speculare a quella del tennis senior: molti giocatori  e molte giocatrici di discreto livello, ma non il futuro fuoriclasse. I giovanotti sono, alcuni, mediamente dotati fisicamente, e tutti abbastanza buoni per tecnica (i maestri di tennis sono ormai tutti bravi e insegnano lo stesso tennis); ma nelle mie peregrinazioni devo ancora individuare una giocatrice che sembra nata per questo sport e baciata da madre natura: sono tutte un po’ gracili, un po’ basse, o un po’ pingui, o un po’ lente e impacciate,  tutte poco esplosive. Nessuna ha il braccio d’oro.  Faccio un solo esempio: non perché abbia vinto a Prato, ma nessuna ha la taglia ideale di Bernarda Pera, altezza 1.75, proporzione giusta tra arti inferiori e superiori, bacino stretto e spalle mediamente larghe. Potenza e agilità all’ unisono. Peccato che sia croata nonostante il nome apparentemente italiano.

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